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Sad, disertore iracheno, vende rose in una città tedesca per sopravvivere e, pur di assimilarsi alla società che lo isola e lo rifiuta, accetta il fatto di essere considerato sporco e schifoso e, con sarcasmo e ironia, dà ragione a chi lo rifiuta. Un monologo teatrale di grande successo che punta il dito sulla bivalenza della società occidentale che emargina gli extracomunitari e contemporaneamente si serve di loro.
L'occhio sullo scaffale, a cura di Annalisa Brunelli e Massimiliano Rubbi, HaccaParlante 4, ottobre-dicembre 2001, 82.
…Trattandosi di un lavoro destinato al teatro non è di immediata comprensione, ma penetra e coinvolge emotivamente. Il protagonista si presenta immediatamente come un trentenne fuggito da Bassora per rifugiarsi in una città tedesca. Vive vendendo rose, abusivamente. Il suo monologo sconcerta per le verità che denuncia. Sa di essere disprezzato come tutti gli alti extracomunitari che vengono in Europa, o per rifugiarsi politicamente o per trovare un'occupazione. Nel raccontarsi esprime critica nei confronti della società , ma è anche autocritico e si disprezza, con quel tipico pietismo e disfattismo che troviamo in molte persone della sua gente. Ma con la stessa rapidità esce in lui una punta di orgoglio; e quasi diventa uno che non ha paura, non ha vergogna. Da tutto questo emerge un quadro umano, sociale e psicologico della situazione degli extracomunitari e dei cittadini dei Paesi che li ospitano…
Mariella Lombardo, Pagine Giovani XXI, 4, ottobre-dicembre 1997, 24. |