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«Penso che da giovane considerassi la scrittura come un sogno impossibile, io sono sempre stato un lettore, mi è sempre piaciuto giocare con le parole, con il linguaggio, mettere insieme storie, ma non era nient'altro che un sogno. Però cominciai comunque a scrivere. Scrivevo per raccontare ai miei figli di me da piccolo, “Papà prima che diventasse Papà”, e raccontavo loro di un ragazzino di undici-dodici anni che gironzolava per Malmö con la testa piena di sogni a occhi aperti e di fantasie e che, di continuo, andava a sbattere contro la dura realtà. Quello ero io.
Ecco perché ho cominciato a scrivere per i giovani, che è la cosa che più desidero fare. Considero i miei libri come delle lettere, voglio mantenere un dialogo. Sulla vita e sulla morte, sulla speranza e sulla fiducia nel futuro, sui ruoli che giochiamo, sul mondo in cui viviamo, e sull'amore. Più d'ogni altra cosa voglio parlare a qualcuno che ha sedici anni. O tredici o venti.
Ma non scrivo per tutti. Scrivo libri per quelli che hanno la testa piena di sogni e di fantasie e che vanno a sbattere in continuazione contro i lampioni della realtà, quelli che sanno di non essere come gli altri, per quelli che piangono nella più cupa disperazione, e per quelli che ridono e sanno che il mondo è bello e che la vita è un'avventura. Io non scrivo per tutti, scrivo per te.»
Per Nilsson
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